Il villaggio dei libri giapponesi
con 6 librerie, 3 cafè, un paio di ristoranti, alberghi e negozi magici che promettono di risolvere i nostri problemi
Nella newsletter inviata circa due mesi fa in cui mi concentravo sui Premi Nobel per la Letteratura, dicevo che avremmo parlato ancora di quella giapponese e delle attenzioni che sta ricevendo. Penso alla newsletter di oggi da allora e avrei voluto scrivere un’analisi più critica e oculata. Invece il risultato è una specie di lamentela che avevo evidente bisogno di mettere per iscritto. Spero apprezziate lo stesso.
Ci avviciniamo alla fine del mese, quindi possiamo già pensare al prossimo, no? Di quale evento caratteristico si terrà quest’anno la 75esima edizione, durante la prima settimana di febbraio, in Hokkaido?
a. il Festival della fioritura dei pruni
b. il Festival delle lanterne
c. il Festival del fuoco
d. il Festival della neve
Come sempre al fondo avrete la risposta.
Basta libri-coccola, vi scongiuro
Quando esco, se vedo una libreria, il mio primo impulso è quello di entrare e dare un’occhiata, pure se ci sono stata pochi giorni prima e dunque è improbabile che ci sia qualcosa di diverso. Però provo sempre a scandagliare gli scaffali per scovare qualche titolo giapponese, nuovo o vecchio che sia, che possa interessarmi.
Inevitabilmente, a parte il solito Haruki Murakami con le sue inconfondibili copertine rossonere, quelli più esposti sono loro: I LIBRI-COCCOLA. Giusto ieri, mercoledì 22 gennaio, ne è uscito uno, Il piccolo hotel del miracoli scritto a quattro mani da Akio Shibata e Koto Takimori (a quanto pare, addirittura una storia vera).
Tra i lettori sono noti con questo termine, che effettivamente ne riassume lo scopo: si tratta in sostanza di letture leggere, poco impegnative dal punto di vista della prosa, della trama e della lunghezza, infatti io stessa li ho letti talvolta per intervallare le letture più lunghe. I libri-coccola giapponesi, a cui di recente si stanno aggiungendo anche quelli coreani (ma non fanno particolare eccezione nemmeno titoli di altri autori internazionali) sono ormai noti per avere alcuni elementi in comune:
copertine colorate ma con design stilizzati, minimal;
un luogo, di solito un qualche tipo di negozio, che diviene il teatro di gran parte della storia;
personaggi con background più o meno drammatici e che si incrociano più o meno direttamente a seconda della struttura del libro, sono infatti sia romanzi che racconti, a volte quasi aneddotici;
i momenti di epifania o le scene strappalacrime costituiscono poi i punti di svolta che portano a un finale in cui suddetti personaggi trovano un obiettivo di vita o, più semplicemente, la serenità.
Insomma, avete capito no?
Effettivamente, queste conclusioni non sono poi così scontate: è chiaro che queste opere diventino best seller (in qualche modo vendono centinaia di migliaia di copie solo in patria) perché riflettono il desiderio recondito di ogni giapponese, ovvero una vita in cui il lavoro non scandisce 3/4 della giornata, si possano formare delle relazioni vere e si possa quantomeno dedicarsi a una propria passione senza essere etichettati come strani o scansafatiche. Insomma, ogni negozietto di questi romanzi va a comporre una sorta di villaggio felice in cui i problemi, le preoccupazioni, i traumi del passato in qualche modo si dissolvono.
Non sorprende che anche in Italia abbiano trovato terreno fertile: sappiamo benissimo la condizione socio-economico-politica che stiamo vivendo, e non solo questi libri spuntano come funghi ma vengono sempre inclusi in una qualsiasi collana creata da testate giornalistiche tipo Repubblica o Corriere della Sera. Peraltro non mi è mai stato chiaro il criterio con cui scelgano i titoli da mettere insieme, il che mi dà l’impressione che il tutto si riduca al solito orientalismo di cui pare impossibile liberarsi.
Natuso Kirino è stata l’autrice che ha innescato definitivamente in me l’interesse per la letteratura giapponese contemporanea, quando ho avuto il piacere di leggere il suo nome e la trama de Le quattro casalinghe di Tokyo nel libro di testo della mia prof senza che questa facesse spoiler. Qualche suo romanzo viene inserito all’interno di queste raccolte (a quanto pare uscirà uno come tredicesimo volume per quella del Corriere), ma prima di scrivere noir e hard-boiled, Kirino aveva tentato il genere romance, che però negli anno 80 in Giappone pare non avesse grande successo.
Dall’articolo Unimaginable Things: The Feminist Noir of Natsuo Kirino contenuto nel sezione International Crime&Mistery della rivista World Literature Today:
“Il capo della sezione letteraria di Kodansha, Akihiro Miyata, ha commentato che la collocazione dei romanzi di Kirino tra i gialli nelle librerie di New York era un modo per differenziarli dalla "sentimentalità giapponese e dall'orientalismo" che caratterizzavano le precedenti importazioni giapponesi e che, puntando maggiormente su un "intrattenimento diretto", gli autori giapponesi stavano facendo il loro ingresso nel mercato internazionale.”
In effetti ricordo come il mio primissimo e inconsapevole approccio alla letteratura giapponese fu il tristissimo romanzo breve Gridare amore dal centro del mondo di Kyoichi Kitayama, al quale seguì tempo dopo il brutale Battle Royale di Koushun Takami. Sono passati parecchi anni da allora, i miei orizzonti e quelli dei lettori si sono man mano ampliati ma la gioia nel vedere sempre più nomi e opere giapponesi sugli scaffali si è tramutata quasi in noia.


Il che è frustrante, se penso che romanzi storici o contemporanei di grande importanza culturale o sono stati tradotti dall’inglese e/o sono fuori catalogo (ad esempio, La banda di Asakusa di Yasunari Kawabata), oppure non sono proprio mai arrivati in Italia. Il panorama letterario giapponese è molto più vasto dell’ennesimo cafè o ristorante in cui ci viene raccontata la stessa minestra riscaldata, ma purtroppo a volte ho la sensazione che la vera sfida per gli editori sia solo trovare parole diverse per le trame sulle quarte di copertina.
Ė possibilissimo che questi titoli abbiano avuto un ruolo per spianare la strada ai lettori e approcciare più facilmente la letteratura orientale, anche grazie alla forza che le community social esercitano sul pubblico di lettori - ricordiamoci che nelle grandi librerie si è creata la sezione “BookTok” quasi fosse un genere a sé. Tuttavia non mi sembra le maggiori case editrici abbiano dimostrato particolare coraggio negli ultimi anni, pur avendo quasi certamente le risorse per andare molto più a fondo nella letteratura giapponese, finendo così per creare dei limiti alle voci autoriali giapponesi che ormai vengono inquadrati da questo velo di esotismo un po’ onirico, così lontano da noi e solo per questo motivo affascinante.
A parte casi particolari in cui vi è una certa specializzazione, come nel caso della sezione Asiasphere di Atmosphere Libri (curata, non a caso, dal professor Gianluca Coci) per citarne una, per fortuna ci sono anche eccezioni che confermano la regola e ve ne ho suggerite diverse nel corso delle puntate di Japan Wildlife. Spesso le penne più interessanti sono quelle femminili, anche se per me sono ancora troppo poche.
Mi rendo conto che la dura legge del mercato imponga scelte “sicure” per il profitto, ma so anche che non avevamo davvero bisogno della edizione hard cover di Finché il caffè è caldo.
Da parte mia, farò del mio meglio per continuare a proporvi testi che possano farvi andare al di là di queste dinamiche e aprire gli occhi su un Giappone che non può essere riassunto da un villaggio di libri proposti a tavolino. Con questo non escludo che possano esserci anche libri-coccola, perché ogni tanto comunque possono far bene all’animo in un periodo buio come quello che stiamo vivendo.
Se non lo fate, dopotutto, rischiate di perdervi proprio dei consigli come Noia Terminale di Izumi Suzuki edito da ADD Editore o le storie di paura di Lafcadio Hearn uscite per Rizzoli, ma anche saggistica come OTAKU di Hiroki Azuma pubblicato da NERO Editions, i due libri su Junji Ito e Dragonball della collana Fushigi di Moscabianca Edizioni…
Aggiornamenti
Sto leggendo…
Il Capitale nell’Antropocene - Kōhei Saitō
A proposito di saggi e letture non esattamente allegre, questa mi sta facendo abbastanza disperare: tratta con estrema lucidità tutte le contraddizioni di società ed economia capitaliste in cui ci troviamo, spiegando come le soluzioni che si stanno cercando di applicare per l’emergenza climatica siano di fatto inutili in questo sistema. Insomma, mette le cose in una prospettiva, che poi è la pura realtà, per cui è impossibile non sentire quell’ecoansia che caratterizza specialmente le generazioni più giovani. Cosa bisognerebbe fare per risolvere una crisi che è già in atto e rischia ogni giorno di arrivare al punto di non ritorno? L’autore sfrutta alcuni principi formulati da Karl Marx per fornire una risposta, perché “dobbiamo tornare all’essenziale, alle cose concrete, alla comunità. Riscoprire, insomma, quella che Marx definiva «la relazione metabolica tra uomo e natura»”. Visto l’andazzo recente, però, la vedo molto molto dura.
Miracle Girls - Nami Akimoto
Per controbilanciare, dopo Mermaid Melody, ho deciso di rimanere nel filone majokko con un altro manga breve ristampato recentemente. I più vecchi di voi conosceranno le gemelle Matsunaga come Terry e Maggie: dotate di poteri esper quali telepatia e teletrasporto, queste sorelle, insieme ai due ragazzi di cui sono innamorate, cercheranno di proteggere il proprio segreto. Sono al terzo volume di cinque pubblicati da Star Comics e lo sto trovando molto carino, anche se non mi aspettavo certi sviluppi, abbastanza “esagerati” per come era cominciato onestamente ahah mi ero fatta un’idea piuttosto diversa.
Sto guardando
Oshi no Ko
Appena uscita ho visto tutta la seconda stagione. Un po’ lenta, a causa dell’arco dedicato allo spettacolo di Aqua e colleghi ma ci sono stati i dovuti plot twist, il che mi spinge a voler recuperare il manga ancor più di prima.
Per chi non conoscesse Oshi no Ko, si tratta della storia di due fratelli gemelli Aqua e Ruby, figli segreti della famosissima idol Ai Hoshino. Quest’ultima è stata assassinata poco prima di esibirsi nel prestigioso Tokyo Dome, lasciando orfani i due bambini. Crescendo Aqua e Ruby cercheranno di inserirsi a loro volta nel mondo dello spettacolo: Aqua seguirà una carriera attoriale, con l’obiettivo di vendicarsi del mandante dell’omicidio, che sospetta essere parte dello showbiz; Ruby seguirà le orme della madre e cercherà di diventare una idol.
Ah piccolo dettaglio non trascurabile: i due fratelli in realtà sono la reincarnazione del ginecologo che lavorava nell’ospedale in cui Ai ha partorito e di una ragazzina malata terminale ricoverata lì, entrambi super fan della giovane idol.


Ilary - episodio in Giappone
Va beh non lo avrei mai detto ma sì, parlo proprio di Ilary Blasi e la sua nuova serie su Netflix. Dopo il successo di Unica, dove veniva spiegato sostanzialmente il tracollo del proprio matrimonio, stavolta Ilary racconta sé stessa e la vita che conduce ora tra lavoro, amici e nuovo fidanzato. L’ho guardato per continuity e per il trash, perché alla fine è un mio guilty pleasure, ma non mi aspettavo di trovarmi un episodio del suo viaggio a Tokyo, per via di un invito a un evento legato all’Italia.
Mi era sfuggito tra l’altro, e meno male, il polemicozzo che fece all’epoca (parliamo di maggio 2024) Cicciogamer88 che, per coincidenza, la vide in zona Shibuya quando lei saltò la fila per fare la foto con la statua di Hachiko. Lei dice nella serie di non essersi resa conto ci fosse una fila, lui nel dubbio ci fece delle storie a riguardo dicendo qualcosa tipo “Non che me ne frega* niente, non voglio far nascere un dissing**, ma se stiamo tutti in fila rispettiamo la fila. Siamo tutti quanti umani, eh».
Ecco, ma allora se siamo tutti umani, ecco cosa avrei fatto io. Mi sarei avvicinata e avrei detto: “Scusa Ilary, ciao, piacere, sei bellissima e mi stai un sacco simpatica. Però, forse non ti sei resa conto, hai saltato la fila. Stavolta è andata così, ma per il resto del viaggio ricordatelo così farai fare bella figura a noi italiani!”
Difficile? Non mi pare. Sono dell’idea che se si vuole fare divulgazione, si può fare sia dentro che fuori dai social con gli stessi toni e con chiunque.
*non ho sbagliato eh, così vengono riportate le parole di Cicciogamer88 da Il Messaggero
**ma no, figuriamoci…
Soluzione Quiz
La risposta è D, il Festival della neve di Sapporo! Quest’anno dal 4 all’11 febbraio, come sempre all'interno del Parco di Odori, potranno essere ammirate le 400 sculture di neve che rendono così affascinante questo evento. Già dal 1974 c’è un vero e proprio contest, cui partecipano squadre da circa 20 nazioni. In parallelo alle statue e altre attrazioni, si svolgono anche la Sapporo Big Air, gara di salto con gli sci e snowboard, e spettacoli di musica dal vivo vicino alla torre TV di Sapporo e sui palchi allestiti nel parco.
Io e le mie ossessioni
Settei Seven: un gruppo di ragazzi che convivono in una share house e filmano la loro quotidianità piena di scherzi e challenge strane. Senza per forza guardare i video su YouTube, che purtroppo non hanno sottotitoli nemmeno in inglese (ma in giapponese sì, se volete esercitarvi), godetevi i Reels sulla loro pagina Instagram: questo, ad esempio, è una breve raccolta di altri postati durante l’anno ma è uno dei miei preferiti e mi fa sempre morire la risata del cameraman!
Real Real Japan: anche in questo caso abbiamo due amici, che si concentrano sulle particolarità e gli aspetti più “frustranti” della lingua giapponese. Lo fanno con un podcast iniziato da pochissimo su YouTube, ma su Instagram e TiktTok trovate già qualche perla. Bonus points: uno dei due assomiglia tantissimo a Okarun di DanDaDan.
Ho pensato di trattare un argomento un po’ più leggerino e “frivolo”, visto che Japan Wildlife è iniziato col botto quest’anno e proseguiremo con altri due episodi altrettanto importanti e impegnativi. Stay tuned perché ci stiamo avviando verso un importante giro di boa, la CENTESIMA puntata del podcast, e se mi sarà possibile renderò partecipi anche voi!
La prossima settimana, inoltre, comincerà il capodanno cinese, entreremo nell’anno del Serpente di Legno. Se vi state chiedendo: “Ma perché di legno? Che vuol dire?”, allora consiglio caldamente la visione del nuovo video di Dafne Borracci sul suo canale Mai una Soya!
Se sei qui…
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